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mercoledì 10 maggio 2017

Le Bombe E La Caramella

La sofferenza tutti ci accomuna
e tutti ci sorprende.
Come l’abbraccio di un boa.
Come il contorcersi stupito di foglie
accartocciate all’abbraccio del vento.

Ebbi già occasione di confessarmi soggetto iper-protettivo e buonista, addirittura (!) fautore del meno-peggio.

Presentivo che se il tempo del dolore fosse poi arrivato, era indispensabile un serbatoio di ricordi soffici, per sembrare meno aspri gli anni della sofferenza.

Ma anche quelle memorie care perdono forza e col tempo diventano triste elegia di tutto ciò che sarebbe potuto essere… ma no.

So bene che vi sono tante, forse infinite cause di dolore, comprese la fame e le bombe, ma ognuno deve tenersi quello che gli è toccata in sorte.

Non si bara col destino, non sono ammesse scorciatoie, e così come non se ne può scegliere una più leggera, neppure è ammesso prendersene una più grave, di sofferenza.

Certo che per la politica, per la legge, per la scienza e per la pubblica sanità, è giocoforza fissare delle priorità.
Il vivere sociale civile sta proprio nel fissare mete e confini e, pure nel comune discorrere e pensare, ovviamente giusta è la spontanea stesura di una graduatoria dei dolori.

Un conto è venir dilaniato da una mina che ci strappa gli arti, altro conto è la depressione nevrotica di chi, in paesi pacificati e opulenti, si crede vittima di congiure immaginarie, altro ancora è essere affetti da quello che con ipocrisia definiamo normale (!) disagio adolescenziale.

Ma lasciatemelo dire, al di là di ogni ragionevole dubbio… ed oggettività: il dolore di cui ciascuno soffre è sempre quello, è sempre uguale per tutti.

Le lacrime dell’adolescente italiano angariato dai coetanei hanno lo stesso sapore delle lacrime di chi ha perso il braccio in battaglia, uguale a quelle del bimbo che ha perduto una caramella.

Per quanto diverse e incomparabili tra loro siano le cause e gli effetti oggettivi, ogni dolore, in un dato spazio-tempo, è sempre il più atroce che potremmo sopportare.